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Lanzarote
a cura di Giulia ZampieriLanzarote10/06/2025
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Amalia è una signora di origini argentine che ha girato buona parte dell’Europa come guida turistica. Ha la pelle mulatta, dei lunghi capelli castani con inframezzi argentei, una cadenza spagnola addomesticata. Dopo aver viaggiato a lungo, spinta dalla sete di cultura e da un’indole socievole, ha trovato il suo luogo di decantazione e mitezza. L’isola spagnola - una delle maggiori delle Canarie - che è per pochi ma affascina tutti: Lanzarote. 

Non dovremmo raccontarvi la nostra modalità di incontro, avvenuto ai bordi di una strada, nei pressi di Los Hervideros (un complesso di cunicoli e rocce laviche disegnati dall’azione delle onde); ma lo faremo perché rende l’idea della postura di quest’isola, caratterizzata da una naturale confidenza che si instaura tra le persone e la natura, ma anche tra le persone e le persone.
Amalia aveva camminato per diversi chilometri sotto al sole e si augurava di rientrare con uno strappo in auto nel borgo che la ospita da qualche mese, El Golfo. Si tratta di un grumo di case, storicamente popolato da pescatori, che scopriamo - con non poca amarezza - rischia di essere demolito per una legge spagnola che prevede lo smantellamento delle abitazioni situate a meno di cento metri dal mare. L’atipico bagnasciuga roccioso qui è un tutt’uno con le case e le cose, in effetti; il suo smembramento per salvaguardare i residenti sarebbe comprensibile.
Ma non è, evidentemente, ancora il momento di infrangere la vita di un luogo così speciale, in cui silenzio e mare la fanno da padroni. Amelia e gli altri abitanti possono godersi l’andamento quieto del borgo, augurandosi che il saper convivere e preservare che abita l’isola resista anche qui.

Lanzarote

Sul nero un’ineguagliabile vitalità cromatica
“Le persone hanno spesso un pregiudizio ‘di colore’ su Lanzarote” ci confessa Amalia, nel breve tratto in auto che percorriamo assieme, costeggiando i rilievi deserti sotto un cielo terso, a cui non ci si dovrebbe abituare vista la rapidità con cui si affacciano le nuvole in quest’isola.
“L’immagine della terra lavica, nera, è un deterrente per tanti turisti. Ci vedono malinconia, tristezza… finché non decidono di fare visita a Lanzarote”.
All’atterraggio, dopo la prima boccata d’aria tiepida, è subito stupore per l’esatto contrario: è un’isola che nel filtro color lava ha un elemento di unicità e incanto. È proprio nel contrasto con le note brune del suolo, delle rocce e dei rilievi, che emergono con vigore tutti gli altri colori. Qui pare più  verde il verde, più azzurro l’azzurro, più bianco il bianco.
A proposito di colori, accanto a El Golfo c’è un ritaglio di paesaggio che lascia sbigottiti: è un lago verde brillante, disposto a mezza luna, che dimora tra la sabbia nera, il blu intenso dell’oceano e le rocce color mattone. È il lago Charco de Los Clicos, che deve la sua colorazione ad un’alga speciale, e la sapidità elevatissima a un’intensa attività di evaporazione.

Il lago Charco de Los ClicosIl lago Charco de Los Clicos
A pochi chilometri di auto dal lago Charco de Los Clicos c’è il cuore vulcanico dell’isola, il Parco Nazionale di Timanfaya. Ancora prima di farvi ingresso un paesaggio lunare, nel senso più autentico della parola, catapulta la mente in una dimensione ultraterrena ma pure estemporanea.
La storia di questo sito - a cui si può far visita solo affidandosi ai tour organizzati - racconta una delle catastrofi naturali più gravi della storia recente: la successione di eruzioni vulcaniche che, dal 1730 al 1736, stravolsero irreversibilmente l’isola ricoprendone oltre un quarto lasciando morte, immensa desolazione e costringendo buona parte dei lanzaroteñi all’emigrazione.
Furono tante, tantissime, e brusche, le trasformazioni morfologiche e paesaggistiche. Lanzarote in quei sei anni si ridisegnò complessivamente, adattandosi lentamente a una nuova vita, senza forzare l’attività di rinascita dei vegetali, senza compiere abnormi interventi di riordino geologico e strutturale. Un passo alla volta, com’è nella sua genetica.
Tornando alle cromie… prima di perdersi tra le impressionanti masse di magma e detriti che compongono il Parco Nazionale di Timanfaya è difficile comprendere che il nero possa esistere in più tonalità. Qui, invece, se ne scopre la varietà espressiva: a seconda della composizione delle rocce, della luce solare e del tipo di eruzione si scrive un gioco di colori e forme che non sembra certamente appartenere a questo pianeta. Ma a quest’isola sì.
Parco Nazionale di TimanfayaParco Nazionale di Timanfaya

Cesar Manrique
Prima di trasferirsi ad El Golfo, Amelia, la nostra inaspettata (quando ideale) guida, si era stabilizzata ad Harià, la piccola cittadina dell’entroterra in cui è custodita l’eclettica dimora di Cesar Manrique. Per chi trascorre anche solo un giorno a Lanzarote non c’è bisogno di presentazione: Cesar Manrique è il nome più conosciuto dell’isola, colui che l’ha definita sotto l’aspetto artistico e architettonico, preannunciando una sensibilità multiforme e ambientalista che ha segnato il passo di molte scuole e a cui tanti ancora oggi si ispirano.
Cesar, vissuto tra 1919 e 1992 è infatti considerato un pioniere dell’ecologismo. Non servono biografie o elogi di altri artisti per intuirlo: basta recarsi proprio nella dimora di Harià, oppure al Miraodr del Rio (da cui si ammira l’isola la Graciosa), o al Jameos del Agua per farsi accarezzare dalla sua straordinaria visione del rapporto tra la natura e luomo. Le linee sinuose, mai impattanti, ma piuttosto dolci e comprensive dei tratti della natura; la gestione della luce, veicolata da eleganti squarci architettonici appostati sul soffitto per illuminare al meglio gli ambienti; e poi ancora l’abbondanza di piante, che sono protagoniste dei luoghi (come al Jardin de Cactus, che ospita 1200 specie di cactacee): in ogni cosa c’è una linea continua che contorna l’impronta avanguardista di Manrique, tanto da rimanerne ammaliati.

Proprio come avviene all’uscio del bagno del la camera da letto padronale ad Harià: oltre la porta si apre un intreccio tra intimità e luce, edificato e spontaneo, dallo stile primitivo ma al contempo raffinato. Cesar Manrique lo ribadisce in ogni sua opera: la natura e la sfera intima umana possono, anzi dovrebbero, coesistere!

Lo stile architettonico di Cesar ManriqueLo stile architettonico di Cesar Manrique
Jardin de CactusJardin de Cactus

Il vino e le produzioni
Può l’uomo coltivare su una terra arida e asciutta come questa?
Prima di entrare in confidenza con l’isola, di scorgere le viti ad alberello, le aiuole, gli alberi da frutto e i piccoli orti che punteggiano le distese nere, è difficile pensare che sia possibile. Poi, man mano che si consumano le strade e si penetra nell’anima tenace di Lanzarote, si ha modo di apprendere che c’è del rigoglio vero che si insinua tra i lapilli e i rilievi conici. Noi l’abbiamo incrociato marciando, inerpicandoci nell’area montuosa del nord, ma anche costeggiando le punte più dolci situate nel cuore dell’isola.
A La Vegueta, nel comune di Tinajo, a nordest rispetto a La Geria, ha sede Bodega Cohombrillo 4/24, la cantina di Eamonn e Laura, fondata nel 2018. Un progetto nato e rimasto in famiglia, come si evince dalla loro ospitalità calda e spontanea; dal 2021 però la viticoltura è la loro prima fonte di sostentamento e i loro vini compaiono nei migliori ristoranti dell’isola.
Eamonn accoglie con lo sguardo di chi non ha dubbi su cosa sia giusto per sé nella vita. Infila sotto braccio alcune bottiglie a allunga il passo verso gli appezzamenti, caratterizzati da muretti a secco che custodiscono le piccole vigne ad alberello, difendendole dal vento dell’Atlantico che spinge dal nord.
“Non c’è modo migliore di capire un vino che assaggiarlo mentre si osserva il paesaggio da cui proviene. E poi dovete annusare la sua terra” ci suggerisce Eamonn. E la terra, a quel punto, tra una sorsata di Malvasia Volcanica e una di Listan Negro, finisce sulla mano per rivelarsi in tutta la sua ricchezza. È profumata, fine, fertile. Ma non c’è da stupirsi, come rimarca il produttore: “se si lavora in un certo modo, avendo rispetto della natura, limitando al minimo gli interventi, avendo a cuore l’equilibrio, allora lei sarà profumata e piena di nutrimento”. I vini di Bodega Cohombrillo 4/24 raccontano la complessità e l’armonia di quest’isola senza filtri. Il valore aggiunto delle ore trascorse in casa di Eamonn e Laura è che si fanno sintesi di un’isola che sa trattenere e marchiare a fuoco il momento. I loro vini non vengono esportati a destra e manca per ovvie ragioni quantitative… ma non abbiamo dubbi: anche per scelta. Le ragioni le abbiamo recepite anche parlando con altri produttori radicati. Quello che si vive qui, si comprende qui.

Eamonn di Bodega Cohombrillo 4/24Eamonn di Bodega Cohombrillo 4/24

Il peso leggero della misura
Sessanta chilometri separano Punta Fariones (a nord) e Punta de Papagayo (a sud), le due estremità dell’isola. Lanzarote non è dunque contenuta in spazi enormi ma se il desiderio è quello di conoscerla davvero le tappe da concedersi sono tantissime. A cominciare dalla centralissima Teguise, la prima città coloniale fondata nelle Canarie, in cui famiglie nobiliari fecero erigere i loro palazzi. È la meta di riferimento per il mercato della domenica mattina, ma vederla nei giorni ordinari, con i suoi edifici caratteristici e le sue chiese tutte avvolte dall’intonaco bianco, fa balzare indietro nel tempo!
Harià, dicevamo, è un’altra meta imperdibile. Oltre che per la visita alla casa di Marrique l’antico borgo situato nella Valle delle Mille Palme merita una passeggiata lenta per scoprire usanze popolari e piccole botteghe artigiane. Anche qui ha luogo un mercato memorabile, il sabato mattina, ma se volete intrattenervi senza fretta con un artigiano, magari un ceramista coinvolgente, guardate oltre alla chiesa Nuestra Señora de la Encarnación: scoverete un laboratorio-bottega che vi cambierà la giornata. Harià - e non potrebbe essere altrimenti visto il suo legame con l’artigianato - è anche nota per un grande presepe natalizio, che occupa la Piazzetta della Costituzione fino alla fine delle festività-

E poi, ancora, per una vista singolare ci si può spingere a Le Saline di Janubio, possibilmente al tramonto, per sfiorare quello che per anni fu il bene essenziale per l’economia dell’isola, il sale, ammirando i cumuli bianchi che raggiungono, ordinati a scacchiera, l’oceano. 

Decidiamo di concludere qui questo itinerario contrassegnato da luoghi magici, apparentemente ultraterreni, ma anche da persone tenaci, che vivono nel rispetto e nella cura, come di rado s’incontra. Qui le proporzioni tra esseri umani e natura, strade e distese inermi, pieni e vuoti, spazi liberi e geometrie, sono sempre rispettate. È il peso leggero della misura… che ormai appartiene solo a pochi: questo rende Lanzarote davvero unica.

Vigneti vulcaniciVigneti vulcanici