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È un imponente telero, 666x990 cm, olio su tela, quello che Paolo Caliari detto il Veronese (Verona 1528-Venezia 1588) dipinge per il cenacolo dell’isola di San Giorgio Maggiore a Venezia. Il soggetto del dipinto sono le Nozze di Cana e le ha volute rappresentare nel vigore del ‘500 veneziano. Il progetto del refettorio è dell’architetto Andrea Palladio che, con grande abilità, realizza questo spazio con volte a botte e finestre semicircolari, creando giochi di luce che valorizzano gli ambienti. Veronese dipinge la parete di fondo e il risultato è sorprendente, colori, cielo, prospettiva e terrazzo regalano alla sala l’effetto di una finestra aperta sul mondo.
Il contratto Il 6 giugno 1562 è la data della stipula del contratto tra i frati benedettini e il pittore. I dettagli sono molto precisi: il tema doveva essere quello nuziale, l’opera doveva riempire completamente la parete di fondo e dare l’impressione di uno spazio aperto. Questo lavoro lo impegnò fino al 6 ottobre del 1563 quando il Veronese firmò l’avvenuto pagamento da parte dei frati per 324 ducati.
Il tema
…Tre giorni dopo, ci fu uno sposalizio a Cana di Galilea e c'era la madre di Gesù. Fu invitato alle nozze anche Gesù con i suoi discepoli. Nel frattempo, venuto a mancare il vino, la madre di Gesù gli disse: «Non hanno più vino». E Gesù rispose: «Che ho da fare con te, o donna? Non è ancora giunta la mia ora». La madre dice ai servi: «Fate quello che vi dirà». Vi erano là sei giare di pietra per la purificazione dei Giudei, contenenti ciascuna due o tre barili. E Gesù disse loro: «Riempite d'acqua le giare»; e le riempirono fino all'orlo. Disse loro di nuovo: «Ora attingete e portatene al maestro di tavola». Ed essi gliene portarono… (Gv 2,1-11)
Le colonne ai lati del dipinto si aprono come un sipario e sul proscenio di questa terrazza-palcoscenico è vivace il racconto delle Nozze di Cana. Gli ospiti sono riuniti attorno ad una tavola a ferro di cavallo. Al centro Gesù che guarda diritto verso lo spettatore, è riconoscibile dall’aureola e dalla luce che emana la sua figura. La madre, e due apostoli vestiti in abiti antichi sono accanto a lui. Maria, con la mano semi aperta simulando la mancanza di un bicchiere, sembra dire al Figlio «Non hanno più vino». I servi si accorgono che il vino manca rovesciando brocche e giare dalle quali non esce niente.
…La madre dice ai servi: «Fate quello che vi dirà»… Il servo dal vestito giallo inclina la Giara, decorata con motivi classici, verso la brocca, ed ecco uscire il vino; il miracolo è compiuto; dietro di lui il coppiere vestito in abiti eleganti e damascati osserva il calice contenente il vino quasi come un moderno sommelier; accanto lo Scalco principale con l’abito e il bastone rosso, guarda incuriosito il coppiere, e con la mano alzata quasi a chiedere “allora com’è?... È buono?”. Compito dello Scalco durante le cerimonie era quello di controllare che tutto si svolgesse senza intoppi, nella totale soddisfazione degli ospiti. Sul lato sinistro un servitore di colore offre allo sposo il calice con il vino, la sposa, al suo fianco è sorpresa e l’invitato dall’abito blu chiede al servo alle sue spalle la provenienza del vino e il chiacchiericcio generale sembra spargersi tra gli invitati. Il vino c’è e la festa può continuare; i musicisti al centro riprendono a suonare e intrattenere gli ospiti. Tra loro riconosciamo i pittori più famosi del ‘500 veneto come l’autoritratto di Paolo Veronese vestito in bianco che suona la viola da gamba; Tiziano con la tunica rossa al contrabasso; il Tintoretto con la seconda viola e Jacopo da Bassano il flauto. A sinistra, sopra la balaustra marmorea, alcuni servi si arrampicano portando piatti e vassoi, mentre lo spenditore sul tavolo è concentrato a scrivere quanto gli viene detto.
Al centro, il macellaio è intento a tagliare l’agnello, esattamente sopra a Gesù come richiamo all’agnello sacrificale, mentre la clessidra al centro dei musicisti richiama il tempo che scorre inesorabile. Vestito di verde è il maggiordomo della casa, con la spada e una mano sulla bisaccia, accanto a lui un nano con abiti da intrattenitore, adornato da gioielli e con un pappagallo verde sulla spalla, lo guarda quasi in attesa di istruzioni. Il Veronese non lascia nulla al caso, è attento in tutti i particolari, la tavola è divinamente imbandita e curata, ogni commensale ha piatto e posate, il cibo non manca, e sono ben visibili le mele cotogne simbolo di amore e fecondità, datteri e uva. Una dama è intenta ad utilizzare uno stuzzicadenti mentre non lontano un ospite straniero guarda incuriosito i rebbi di una forchetta. Un’estesa porzione di cielo fa da sfondo, porta luce grazie agli azzurri, ai grigi, ai bianchi e alla bella torre che svetta sopra la festa. Ritratti, pose ed espressioni fanno parte di questa bella fotografia d’altri tempi che intrattiene e racconta a modo suo il Vangelo e uno spaccato di quella società.
I personaggi presenti nel dipinto
Andrea Pampurio, abate di San Giorgio;Giulia Gonzaga (1513-1566), nobildonna lombarda; Marcantonio Barbaro (1518-1595), uomo politico e diplomatico veneziano; Solimano il Magnifico (1494-1566) sultano e califfo dell’impero ottomano; Maria I d ‘Inghilterra (1516-1558) regina d’Inghilterra e d’Irlanda; Carlo V d’Asburgo (1500-1558) re di Spagna; Vittoria Colonna (1490- 1547) poetessa e intellettuale romana; Daniele Barbaro (1518-1595) cardinale e intellettuale veneziano. Sono solo alcune delle personalità famose che il Veronese ha dipinto e ha voluto tra gli invitati per la sua versione delle “Le Nozze di Cana”. Si contano ben 133 personaggi, tra soldati, nobili, prelati, servitori, giullari e poi ancora un cane si affaccia dalla balaustra, altri due sono legati di fronte ai suonatori, e uno vicino agli sposi, seduto a simbolo di fedeltà. Un gatto gioca con una giara. Mentre dall’alto una dama getta dei fiori sui commensali che curiosamente guardano verso l’alto. Gino Damerini ( Venzia 1881- Asolo 1967), importante giornalista della cultura veneziana scrisse nel suo libro L’isola e il cenobio di San Giorgio Maggiore: “Illusionista di genio nell’interpretazione della spazialità architettonica, ambientando a sua volta il tema sacro in una scenografia teatrale, per movimento di piani, disposizione al modo di quinta delle architetture (inequivocabilmente palladiane) sul fondo di cielo chiaro che apre la parete, studiatissima regia dei movimenti di gruppi di figure e tutto entro un’esaltazione di colori timbrici luminosissimi”.
I colori Il veronese sa dosare i gialli, i verdi, i rossi e gli azzurri nelle tinte intense o lievi. Ha a sua disposizione i migliori pigmenti che poteva trovare a Venezia e utilizza l’orpimento per il giallo; i lapislazzuli per il blu; il cinabro per il rosso vermiglio e il bianco piombo per le schiariture. Ingegno, arte e resa prospettica sono il suo talento e distribuendo in modo perfetto i colori riesce a dare prospettiva, serenità ed espressione.
11 settembre 1797 Il dipinto rimase nel refettorio dell’isola di San Giorgio Maggiore a Venezia fino all’11 settembre del 1797 quando Napoleone lo trafugò, assieme ad altre opere, per riempire il museo del Louvre. Vista l’imponenza della tela, i francesi ebbero questa brutta idea di tagliarla in diverse parti per trasportarla in Francia. Alcune delle opere trafugate ritornarono in Italia; questa, assieme ad altre, purtroppo si trovano ancora in Francia. Antonio Canova venne incaricato da Pio VII per chiedere il rientro delle opere italiane e quando si rivolse al direttore del Louvre a proposito di questo capolavoro, il direttore sentenziò che era troppo pericoloso riportarlo in Italia e che il dipinto si sarebbe potuto danneggiare. Adesso che abbiamo tutti i mezzi e le tecnologie, non ci dovrebbero essere più scuse poco convincenti. Il telero si trova nella sala della Gioconda, dove tutti accedono per ammirare il capolavoro di Leonardo e così ha, in parte, la fama di essere l’opera che ha visto più spalle al mondo. Attualmente, all’isola di San Giorgio Maggiore a Venezia è esposta una copia, realizzata con moderne tecnologie che sono state in grado di riprodurre l’originale nei minimi particolari compresi i segni del tempo. L’isola di San Giorgio Maggiore merita il bel viaggio. Il complesso palladiano è ricco bellezza, e solo accedendo all’ingresso monumentale del refettorio si comprende quanto Le nozze di Cana restituiscano al luogo la sua completezza.