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Le cave di marmo delle Alpi Apuane
a cura di Luigi FranchiLe cave di marmo delle Alpi Apuane03/04/2024

A Fosdinovo, nel cuore della Lunigiana, nei locali di una vecchia colonia estiva che, fino al 1971, ha ospitato migliaia di ragazzi, c’è ora un museo gestito dal Circolo Edoardo Bassignani: il Museo Audiovisivo della Resistenza.

 

All’interno, su un tavolo molto grande, ci sono installazioni audiovisive e supporti multimediali che proiettano immagini e video-interviste ai protagonisti della liberazione del Paese.

In una di queste video-interviste una signora, a quel tempo giovane staffetta partigiana, racconta che “qui c’era solo del marmo e, con quello non si mangiava, pertanto in bicicletta andavamo nel parmense portando sale marino in cambio di farina che poi consegnavamo ai partigiani e agli abitanti di questi luoghi”.

C’era solo marmo… e c’è solo marmo ancora oggi nel territorio di Carrara, a pochi chilometri di distanza dalla Lunigiana. 

Infatti l’economia carrarese ruota interamente attorno al marmo: tutti vivono di questa pietra, molto preziosa quando si trova la vena perfetta e rarissima, decisamente meno ma altrettanto vendibile (e capiremo come) in mille altri casi. Il marmo ha creato anche turismo, seppur non particolarmente gestito dal punto di vista delle strutture di accoglienza, che porta i visitatori a visitare le cave a bordo di jeep 4x4, facendoli accostare a un ambiente molto complesso.

 

Lo abbiamo fatto anche noi un giro a bordo di queste jeep, in una giornata di pioggia e di vento che non ci ha permesso di osservare il paesaggio marmifero coperto dalle nubi ma ci ha fornito molte informazioni che vogliamo condividere. Poi siamo tornati da soli, a Colonnata, per parlare con un produttore del famoso lardo che ci ha fornito una versione forse meno edulcorata della vita sulle Alpi Apuane.

Le strade delle caveLe strade delle cave

Cominciamo dalla geografia e dalla storia: le Alpi Apuane non hanno nulla a che fare con l’Appennino, pur essendovi attaccate. È un territorio lungo 28 chilometri, largo 9 chilometri, concentrato in tre vallate – Torano, Fantiscritti e Colonnata – interamente ricoperto di marmo, come si può vedere anche dalle mappe satellitari di Google Heart. Marmo la cui formazione risale a circa 190 milioni di anni fa, quando buona parte di questi territori erano ricoperti dal mare sul cui fondo si depositava un sedimento calcareo che dette origine a ciò che vediamo oggi.

 

Il marmo fu estratto, nelle cave, fin dall’età del ferro, come testimoniano le necropoli costruite con esso, ma fu in epoca romana, all’incirca ventidue secoli orsono, che ne venne valorizzata l’essenza; molti edifici, monumenti, templi e case patrizie furono costruiti con il marmo di Carrara. In ventidue secoli è ipotizzato che, da queste montagne, è stato estratto solamente il 6% di tutto il marmo presente. 

Le Alpi ApuaneLe Alpi Apuane

Ora la velocità di estrazione è ben diversa e, negli ultimi sessant’anni, con l’avvento della tecnologia, l’estrazione è, per certi aspetti, più invasiva.

 

Dalle cave presenti, 188 per la precisione, si estraggono complessivamente circa 700.000 tonnellate di marmo ogni anno, regalando a questi territori il primato di primo produttore di pietra marmifera al mondo.

“Ogni persona di questo territorio ha a che fare con il marmo: noi che lo utilizziamo per le conche dove stagioniamo il Lardo di Colonnata IGP; le persone impiegate nelle cave; gli autisti dei camion che, nell’ordine di 600/700 al giorno, scendono dalle cave con i blocchi di marmo lungo la strada ricavata sul percorso della vecchia tratta ferroviaria in funzione fino agli anni ’60; le agenzie turistiche che portano i visitatori a contatto con quel mondo; le botteghe di souvenir e quant’altro” ci racconta il produttore di Lardo di Colonnata. “Un’economia baricentrica che ha impedito ogni altra forma di sviluppo economico”.

 

Quanto questo sia giusto lo lasciamo ovviamente decidere al territorio e ai suoi abitanti, non vogliamo certo erigerci a censori o ambientalisti da salotto.

Blocchi di marmo da estrarreBlocchi di marmo da estrarre

“Il marmo genera un’economia circolare perché di questa pietra non si getta via nulla, nemmeno il più minuscolo sassolino” ci racconta la guida che ci ha accompagnato nel cuore delle cave.

 

L’estrazione restò tale, come all’epoca dell’antica Roma, fino a fine Ottocento quando venne presentata all’Esposizione Internazionale di Parigi, nel 1889, una nuova tecnica estrattiva: un impianto dotato di filo elicoidale che permetteva di effettuare i tagli di blocchi direttamente sulla montagna. Per facilitarne il trasporto venne costruita una ferrovia che collegava i principali centri di stoccaggio della zona di Carrara: Torano, Miseglia e Colonnata. Il trasporto su rotaia cessò definitivamente nel 1964, con l’avvento dei nuovi e più tecnologici sistemi di trasporto.

Fino a quella data i cavatori salivano a piedi sulle Apuane per andare a lavorare in cava, svolgendo un’attività sicuramente massacrante e tale rimane ancora adesso, per certi aspetti. Lavorare in cava in estate c’è da impazzire dal caldo e, in inverno, dal freddo. Ma, come ci ha detto l’autista della jeep che lo fa nei lassi di tempo concessi dal suo vero lavoro, guidare i camion che salgono e scendono dalle cave, “qui tutti abbiamo cominciato questo lavoro in giovane età perché non c’era altro e non c’è altro”.

 

La guida ci racconta un aneddoto curioso: le cave erano di proprietà, fino alla seconda metà del Settecento, della famiglia dei nobili Malaspina. Nel 1751 Maria Teresa Cybo Malaspina decise di donare le cave gratuitamente le cave ai sudditi, destando molto stupore, ma il trucco c’era. Il marmo veniva venduto ranco mare e, per raggiungere il mare, si doveva attraversare l’unica strada di Carrara che vi conduceva e quel tratto era di proprietà della contessa che esigeva un forte pedaggio.

La venatura del marmoLa venatura del marmo

Sono molte le tipologie di marmo di Carrara, tra le più note il marmo Calacatta, l’arabescato, lo statuario. Quest’ultimo è caratterizzato da un fondo bianco ghiaccio e dalla importante venatura grigia. Lo splendore di questo bianco lo rende il materiale in assoluto preferito per le sculture ed è per questo motivo che Michelangelo salì alle cave in epoca rinascimentale per scegliere, così dicono le cronache leggendarie dell’epoca, i blocchi da cui ricavò il David e la Pietà.

 

Sono davvero tante le storie che si possono raccontare sul marmo di Carrara come, ad esempio, quella che vede la famiglia Bin Laden proprietaria della maggior parte delle cave, ma la guida che ci accompagna sostiene che non è vero: “i Bin Laden sono in una società commerciale con alcuni proprietari di cave che forniscono il marmo nei paesi arabi”.


 

Oppure che il 75% circa dell’estratto nelle cave sia costituito da scaglie successivamente polverizzate per produrre il carbonato di calcio e qui, è sempre la guida che racconta: “questi scarti, che scarti non sono, vanno a due multinazionali che hanno firmato una concessione in esclusiva fino al 2062 per impiegare questo carbonato in mille e mille cose: dal Kinder fetta al latte ai dentifrici, dall’uso in agricoltura a quello di colorante alimentare”.

 

Non si può dire che sia giusto fare delle cave una destinazione turistica, ma andarci almeno una volta per vedere e rendersi conto di persona cosa significano oggi le cave di marmo delle Alpi Apuane può valere comunque la pena.

Luigi Franchi